Risveglio dal Sonno: perchè un uomo da solo non può fare niente?

Risveglio dal Sonno: perchè un uomo da solo non può fare niente?

Risveglio-sonno-uomo-soloUn uomo da solo non può fare niente.

Un uomo solo può benissimo sbagliarsi e prendere per risveglio quello che è solo un nuovo sogno. Se alcune persone decidono di lavorare insieme contro il sonno, si risvegliano a vicenda e, anche se la maggior parte di loro si riaddormenterà, può bastare che uno si svegli per mettersi a svegliare gli altri.
Metteranno in comune anche i loro diversi mezzi di risveglio.
Insieme, possono essere di grande aiuto gli uni agli altri, mentre senza questo aiuto reciproco, ciascuno di loro, isolatamente, non arriverebbe a niente.
Un uomo che vuole svegliarsi deve cercare altre persone che vogliono svegliarsi, al fine di lavorare con loro. Ma ancora non basta, perché questo lavoro richiede una conoscenza che l’uomo ordinario non possiede. Deve essere organizzato e diretto in funzione di questa conoscenza. Senza queste condizioni, con ogni probabilità, gli sforzi affrontati resteranno vani o si perderanno.

Si possono inventare maniere e mezzi di ogni tipo, si può anche entrare in “ascesi” e torturarsi; ma tutti questi sforzi resteranno vani se non affrontati in un certo modo, l’unico che può portare con sé una trasformazione.

Uno sforzo qualsiasi non porta al risveglio, questa è già una cosa difficile da comprendere per molti; ci vogliono sforzi di un tipo particolare, sforzi differenti secondo le circostanze ed il momento.

Ma vi è un’ altra difficoltà, soprattutto per gli intellettuali; le persone possono essere capaci di grandi sforzi e grandi sacrifici, da sole e di propria iniziativa, secondo ciò che pensano o che credono buono per se stesse. Non possono comprendere però che tutti questi sacrifici, voluti da loro e conformi alle proprie idee personali, non hanno niente a che vedere con quelli necessari per il risveglio che cercano, anche perché esse ignorano tutto di questo risveglio.
Non possono ammettere che, in questo caso, tutti i loro sacrifici non servono a niente. E non possono comprendere che il primo sforzo, il primo sacrificio, deve essere la rinuncia alle proprie idee e alle proprie convinzioni personali, per obbedire a qualcun altro.

Un lavoro simile deve essere organizzato.
Può essere organizzato solo da un uomo che ne conosce gli scopi e i problemi, che conosce regole e mezzi, che ne abbia l’esperienza, essendo lui stesso passato, a suo tempo, per un lavoro organizzato in questo modo.
Anche coloro che sono in grado di organizzare questo lavoro e di aiutare gli altri hanno i loro compiti e i loro scopi.
Conoscono il valore del tempo, sanno che è contato e valutano il loro a caro prezzo.

Questa è un ‘altra ragione per la quale un uomo isolato ha poche possibilità di ricevere aiuto; oltre al fatto che il suo isolamento è una condizione sfavorevole, l’uomo che si fa carico di un lavoro di risveglio, preferirà aiutare, nello stesso tempo, venti o trenta persone desiderose di svegliarsi piuttosto che una sola.

E l’uomo che vuole a tutti i costi restare isolato, si esclude da solo. Il primo scopo di un uomo che cerca di svegliarsi e comincia lo studio di sè, deve essere di unirsi ad un gruppo; lo studio di sè può essere portato a buon fine solo in gruppi adeguatamente organizzati.
Quanto al lavoro stesso, rimarrà a lungo un lavoro solamente preparatorio; prima sarà necessario rimettere a posto la quantità di cose sbagliate o arrugginite che si trovano nella macchina umana. Solo in seguito si potrà cominciare un effettivo lavoro per il risveglio, quando potrà cominciare un effettivo lavoro per il risveglio, quando potrà poggiare su basi solide ed equilibrate.
Salvo casi di grave carenza che possono richiedere un lavoro personale indipendente, anche questo lavoro preparatorio è possibile soltanto in gruppo.

Un uomo da solo non può vedersi, ma un certo numero di persone riunite a questo scopo, anche senza volerlo, si aiuteranno reciprocamente. Uno dei tratti caratteristici della natura umana è che l’uomo vede sempre più facilmente i difetti degli altri che i propri; succede molto “spontaneamente”.

Ora, sul cammino dello studio di sè, l’uomo impara presto che ha, anche lui, tutti i tratti e i difetti che vede negli altri; solo la dose, in qualche modo, cambia.
Ci sono tante cose che non vede in sé, mentre riesce a vederle negli altri. Se comprendesse bene che questi tratti, a gradi diversi, sono anche in lui, comincia ad essere attento, li può vedere e ritrovare in se stesso e può farne anche lui l’esperienza; in qualche modo, gli altri membri del gruppo gli servono come uno specchio nel quale può vedersi.

Ma per vedersi nei tratti, nei difetti e negli sbagli dei suoi compagni e non considerare questi tratti e difetti come riguardanti solo loro, bisogna essere capaci di uno speciale atteggiamento interiore, di una vigilanza e un’ attenzione di direzione e di qualità particolari, per le quali è richiesta una grande onestà e, soprattutto, una grandissima sincerità di fronte a se stessi.

Non è possibile parlare onestamente di ciò che non si è vissuto in prima persona. Questo lavoro non è possibile se ogni membro del gruppo non rispetta la sincerità più assoluta e non accetta di mettersi ogni volta in discussione; l’errore di uno solo è sufficiente ad “appestare l’atmosfera”.
Ognuno, nel lavoro di studio di sè, comincia così ad accumulare tutto il materiale che deriva dalle osservazioni che ha di se stesso. Anche qui, un lavoro di gruppo è insostituibile. Venti persone avranno venti volte più materiale utilizzabile, in gran parte, da ciascuno; lo scambio delle osservazioni e, più tardi, lo scambio delle comprensioni è uno degli scopi dell’ esistenza dei gruppi di lavoro.

Prima di tutto, però, ognuno deve ricordarsi di non essere uno. Una parte di lui è l’uomo che vuole svegliarsi, ma l’altra, la sua personalità, non ha il minimo desiderio di risveglio, e dovrà esservi condotta suo malgrado, a volte con forza, a volte con astuzia.

Un gruppo, di solito, è un patto stabilito fra gli “io” reali di un certo numero di persone che s’impegnano insieme nella lotta contro le loro false personalità. L’io reale di ognuno di loro, da solo, è senza forza, o piuttosto dorme, e la personalità è padrona della situazione. Se invece venti “io” si alleano per lottare contro ciascuna delle personalità, possono diventare più forti di loro; in ogni caso possono disturbare il loro dominio ed impedire agli altri “io” di dormire così tranquillamente.

Tratto da: “Verso il risveglio a se stessi” di Jean Vayasse

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